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Fabula Saltica La balera di Claudio Ronda per azzerare le differenze
La Compagnia Fabula Saltica da oltre 30 anni è impegnata ad affermare il potere costruttivo della danza nell’esistenza quotidiana con spettacoli sempre innovativi. Dal 1998 Claudio Ronda si occupa della direzione artistica della compagnia realizzando nelle sue creazioni forti stimoli e ponendo in prima linea l’osservazione di noi stessi, quasi un interrogarsi scavando nei pensieri e nei sentimenti per tentare di trovare una risposta ai nuovi cambiamenti culturali.
Partiamo dall’ Associazione Balletto città di Rovigo. Cosa ci racconti?
Nasce a Rovigo nell’86 da cinque giovani danzatori di allora che dopo diverse esperienze in altre compagnie e, aggiungerei, con tanta incoscienza, ignoravamo quali potevano essere i rischi e i pericoli ma anche le soddisfazioni nel fondare una compagnia, decidono di rischiare. Questi giovani erano: il sottoscritto, Pia Russo, Lella Trovetti, Giulia Ferrari e Donatella Altieri. Venivamo tutti da una stessa formazione e decidemmo di formare questa compagnia a Rovigo, una città da sempre considerata un po' la periferia del Veneto. Lì avevamo già un teatro che produceva lirica ma non aveva mai ipotizzato una stagione con la danza. Iniziammo quindi una collaborazione che nel corso degli anni ci ha portato ad organizzare delle stagioni molto interessanti con i giovani coreografi di allora come Massimo Moricone e Loris Petrillo. Rovigo divenne così un po' il nuovo punto di riferimento della Danza nel Veneto.
Dal 1996 prende il nome di Fabula Saltica da cosa?
Lo abbiamo preso dal latino e non ti saprei proprio dire perché ma ci piaceva così. Fabula Saltica è il primo modo di definire una commedia in movimento in pratica “una storia saltata”. Oggi è una realtà importante e lo dico con molta soddisfazione, perché abbiamo diverse collaborazioni con tanti danzatori e danzatrici con la D maiuscola per esempio Luciana Savignano, Alessandro Molin, George Iancu: insomma tante realtà passano da lì. Noi volevamo creare un centro dove poter scambiare esperienze non solo di danzatori o di coreografi ma anche di compositori, scenografi e costumisti e questo diciamo è un pò la missione riuscita di Fabula Saltica.
Da Direttore a chi ti rivolgi nei progetti della compagnia?
Esiste sempre una domanda molto importante che mi faccio quando affronto un nuovo lavoro “ma io cosa voglio raccontare?”. La fonte d’ispirazione di tutte le mie creazioni nasce da un testo, o da un film o dal problema del momento.
Per me è fondamentale che la danza sia una scrittura del corpo che possa comunicare fino in fondo qualcosa.
Il linguaggio dei danzatori della tua compagnia. Cosa chiedi?
La prima cosa che chiedo, e ci tengo particolarmente, è la “sensibilità”. Scelgo i miei danzatori non necessariamente con una formazione precisa, mi interessa che abbiano fatto comunque delle esperienze anche molto diverse fra loro e che di queste esperienze restino le tracce.
Credo che l’equilibrio esista nella compagnia proprio perché ci sono persone con esperienze già consolidate e altre con piccole esperienze: in questo modo tra i danzatori ci può essere un bel dialogo.
Sono sincero: scelgo i danzatori non per la loro formazione più o meno accademica, mi interessano di più le persone sensibili e curiose e finora devo dire di essere stato fortunato.
Cosa prevale nelle creazioni della compagnia?
Sicuramente è il “racconto”, a cui tengo particolarmente. Può essere una proposta ben precisa oppure che si trasforma durante il lavoro stesso grazie ai racconti dei danzatori ed il lavoro con i musicisti.
E la creazione da dove o da cosa parte in genere?
Ultimamente mi succede con i libri o dalla domanda del momento. Un po’ come è stato per Ballade: ho visto il film Ballando Ballando di Ettore Scola che, senza parlare, racconta tutto un mondo, ma soprattutto riesce a rendere quello che siamo come essere umani.
La danza può raccontare benissimo chi siamo o cosa stiamo diventando.
Le vostre produzioni post pandemia ?
Il covid aveva interrotto tutto e da lì abbiamo poi ripreso proprio con Ballades e con Cenerentola.
Appena terminata l’emergenza ho creato Spegnere la luce. Il ritiro sociale tra gli adolescenti un lavoro per due danzatori indirizzato ai ragazzi delle scuole superiori che parla del ritiro sociale fra gli adolescenti, un lavoro molto lontano, dal punto vista estetico da Ballades o Cenerentola perché parla di una sofferenza molto diffusa che coinvolge una fascia d’età che è quella della crescita e del cambiamento. Dovevo assolutamente parlare d’isolamento, di solitudine, di abbandono, di come non ci si senta più adeguati.
Invece che Cenerentola è quella di Fabula Saltica?
È una Cenerentola che ha debuttato nel 2020 molto interessante perché è ambientata negli anni 60 che considero un momento importante della nostra storia sia per il cambiamento della società e in particolare quello del ruolo delle donne ma anche perchè entra la tv nella vita domestica. In questo mondo di trasformazioni, che invadono l’Italia e il mondo intero, c’è Cenerentola, una fragile adolescente segnata dalla morte di entrambi i genitori che affronta con un atteggiamento, per gli altri, di apertura nonostante venga ripetutamente rifiutata dalla matrigna, dalle sorellastre e dalla società fino a quando incontra il Principe che la fa innamorare. Con lui capisce di avere altre possibilità e alla fine, consapevole delle proprie scelte, decide di stare da sola.
Cenerentola decide di restare sola?
Sì perché la cosa importante era ed è recuperare se stessa e la fiaba per me così finisce.
Ci parli delle balere di Ballade.
Le balere hanno sempre fatto parte della mia infanzia e della mia adolescenza. Ballare è importante: mette insieme, anzi metteva insieme, le persone. Nel ballare non si usa la parola, ci si può anche non conoscere ma basta invitare gli altri a ballare e a fine serata avrai conosciuto tante persona senza aver detto una parola. Quando andavo in queste sale mi capitava di osservare le persone e riuscivo a capire dell’infinita tipologia di personaggi che facevano parte della grande commedia dell’arte che è la Vita. Volevo riuscire a mettere in scena tutto questo “un mondo dove in uno spazio come la balera si sospendono, si azzerano le differenze”. Doveroso dire grazie anche a Paolo Zambelli per le musiche originali assolutamente fondamentali in questo lavoro.
Nel pentolone di Fabula Saltica cosa bolle?
Continueremo il lavoro sul disagio sociale degli adolescenti proprio con Spegnere la luce e stiamo lavorando sullo Stabat Mater di Pergolesi per affrontare il tema del dolore che una madre prova per la perdita di un figlio.
Intervista pubblicata nel numero di febbraio 2023 di DanzaSì
Massimo Zannola