così da poter intervenire, nel modo più adeguato e condiviso possibile, in un settore caratterizzato da un lavoro inevitabilmente intermittente e poco tutelato dal punto di vista normativo. In 8 mesi sono stati auditi rappresentanti dell’INPS, dell’ISTAT, delegati delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL, i rappresentanti di associazioni e raggruppamenti di varia natura di artisti e lavoratori dello spettacolo e ancora l’AGIS, l’AIDAP, AssoArtisti-Confesercenti, Carlo Fuortes, allora soprintendente del Teatro dell'Opera di Roma e Onofrio Cutaia, direttore della Direzione generale dello spettacolo. E queste sono solo una piccola parte delle voci ascoltate…
Le centinaia di pagine di resoconto di quegli incontri sono state riassunte in un documento pubblicato il 21 aprile 2021 che mostra, nero su bianco, quali siano le principali problematiche del comparto. Questo documento doveva servire ad intervenire in modo mirato e condiviso aprendo così la strada al tanto atteso codice dello spettacolo dal vivo.
Ebbene dopo circa due anni, esattamente lo scorso lunedì 28 agosto, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo relativo al riordino e alla revisione degli ammortizzatori e delle indennità e all’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori dello spettacolo.
Nuove norme volte a compensare gli effetti negativi subiti dai lavoratori del settore, caratterizzato da alti livelli di frammentarietà e discontinuità della posizione reddituale e contributiva dei lavoratori.
Alle dichiarazioni entusiastiche di una larghissima parte della classe politica, in primis lo stesso Sangiuliano e il Presidente Mollicone, che parlano addirittura di “svolta epocale” fanno da contrappeso i commenti negativi di chi questo provvedimento lo dovrà subire, circa 21mila lavoratori.
Possibile che mesi di incontri non siano riusciti ed erudire la classe politica sulle reali esigenze di questo settore? O forse è solo un problema di comunicazione? Se è vero che il lavoro dell’artista è di per se frammentario e discontinuo è anche vero che i periodi di inattività a volte sono voluti perché necessari. Non sono periodi di non lavoro ma di creazione. Sono stop “fisiologici” perché ciò che vediamo su un palco (che sia danza, musica o una qualunque forma teatrale poco importa) non nasce come per magia in una notte ma è frutto di lavoro, di studio, di ricerca, di prove.
Non sono periodi di non-lavoro, ma costituiscono momenti di formazione, progettazione e preparazione del lavoro stesso.
Questa “fase creativa” normalmente necessita di tempo. A volte molto tempo. È un momento fondamentale per la creazione artistica ed è direttamente legata alla qualità del prodotto finale. È un concetto semplice e applicabile a qualsiasi ambito: più si dedica tempo, attenzione, studio a qualcosa più ciò che ne scaturisce sarà curato e ben fatto. Insomma di maggiore qualità. Ma la qualità a chi interessa? Sicuramente non alle istituzioni più orientate al concetto di quantità.
Basta leggere le domande di ammissione al FUS: agli artisti si chiedono continue nuove creazioni… come alle galline allevate in batteria si chiede di produrre uova ogni giorno.
Quindi chi ha bisogno di tempo per una nuova creazione lo dovrà fare gratis perchè il nuovo DL semplicemente non lo considera.
Soggetti beneficiari
Ma vediamo nel dettaglio cosa stabilisce la norma.
La nuova indennità di discontinuità è concessa per i periodi di inattività o durante i periodi di studio e formazione e di aggiornamento professionale nelle discipline dello spettacolo al fine di mantenere o sviluppare le competenze finalizzate al reinserimento nel mercato del lavoro.
La manovra è destinata ai lavoratori dello spettacolo che prestino a tempo determinato, attività artistica o tecnica, direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli o comunque nel settore dello spettacolo e ai lavoratori dello spettacolo intermittenti, anche a tempo indeterminato.
Per accedere all’indennità di discontinuità, a partire dal 1° gennaio 2024, occorrerà presentare domanda all’inps entro il 30 giugno di ogni anno. Pena la decadenza.
I richiedenti dovranno essere cittadini dell’Unione europea, risiedere in Italia da almeno un anno; avere un reddito non superiore a 25.000 euro nell’anno di imposta precedente; aver maturato, in quello stesso anno almeno 60 giornate di contribuzione accreditata al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo; non essere stati titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nell’anno precedente (ad eccezione per i rapporti di lavoro intermittente a tempo indeterminato, per i quali non è prevista l’indennità di disponibilità); non essere titolari di trattamento pensionistico.
Ma di che cifra stiamo parlando? “ L’indennità è pari al 60% del valore calcolato sulla media delle retribuzioni imponibili relative all’anno solare precedente la presentazione della domanda”.
Una cifra che arriva massimo a 1.500 euro, secondo il Sole24Ore, versati in un’unica soluzione dopo mesi dalla presentazione della domanda.
Ovviamente l’indennità non è cumulabile con altre forme di sostegno al reddito quali ALAS NASpl, cassa integrazione, indennità di maternità, malattia e infortunio.
Se questo è, come è stato annunciato, il primo passo verso la riforma complessiva dello spettacolo dal vivo c’è da preoccuparsi.
Riordinare questo settore è indubbiamente tutt’altro che semplice. È un mondo complesso, con peculiarità e professionalità uniche. Ma le audizioni con le parti coinvolte, artisti e maestranze, speravamo avessero chiarito non solo le peculiarità, ma anche le necessità di questo. Che questi bisogni non siano stati completamente recepiti?
“Il nostro impegno per i lavoratori dello spettacolo è concreto” ha sostenuto Federico Mollicone sarà… ma il cammino verso un reale welfare dello spettacolo inizia con un ulteriore ammortizzatore al reddito. Ma c’era qualcuno che realmente ne sentiva la necessità? Lo chiediamo al coordinatore nazionale danza e alla coordinatrice nazionale per gli scritturati della lirica della sezione produzione culturale della slc cgil nazionale.
“Assolutamente no. Ammortizzatori ce ne erano già, per quanto imperfetti, introdotti dal decreto 73 del cosiddetto sostegni bis cioè la norma che andava a coprire anche gli autonomi. Oltre la naspi quale indennità di disoccupazione che avremmo preferito fosse esteso a tutti i lavoratori dello spettacolo, era stato introdotto l’ALAS che, nonostante i problemi e le sistemazioni necessarie era un sistema abbastanza positivo.
Questa nuova indennità prima di tutto non doveva essere un’ammortizzatore ma un reddito di discontinuità, una misura incentivante il lavoro e soprattutto inserita in un sistema più organico e armonico, volto a sostenere quello che a tutti gli effetti è lavoro anche se c’è una discontinuità contrattuale.
In Francia, che viene sempre presa a modello perché pioniera di questo tipo di sistema, la linea guida dello Stato è stata investire per il miglioramento della qualità artistica del Paese. Perchè se un lavoratore tra un impiego e l’altro deve preoccuparsi di trovare un altro contratto e non morire di fame ovviamente non ha tempo di sviluppare tutti quegli aspetti necessari ad elevere la qualità artistica e a sviluppare progetti.
La nuova indennità è concessa per i periodi di inattività per percorsi di studio e formazione
Quell’articolo è molto vago, delega alle regioni laddove ci siano delle azioni di quel genere. Ma se non ci sono?
È anche sbagliato perché da una parte sostengono di riconoscere la discontinuità ma poi ti obbligano a fare corsi di formazione per il reinserimento nel mondo del lavoro. Quindi non viene riconosciuta la discontinuità: siamo dei disoccupati che devono fare dei corsi di formazione. Noi però non siamo disoccupati, non siamo contrattualizzati ma stiamo comunque lavorando.
Si ha l’impressione di aver esteso allo spettacolo dal vivo normative prese da altri ambiti lavorativi.
Infatti. Quello che rende evidente l’approccio del Governo è che è stato dato come vanto di questa misura l’averla estesa a tutti i lavoratori dello spettacolo compresi gli amministrativi, le maschere, i facchini il cui lavoro è diverso da quello dell’artista. Loro hanno veramente bisogno di un sostegno al reddito, di un ammortizzatore. Gli artisti e i tecnici hanno bisogno di uno strumento diverso.
In realtà l’indennità di discontinuità non dovrebbe avere nulla a che fare con gli ammortizzatori sociali. Tra l’altro il reddito massimo per l’accesso è stabilito in 25.000 euro annui che è un tetto bassissimo. Questo non incentiva a lavorare ma anzi a rimanere sotto quel reddito magari lavorando in nero o grigio. Purtroppo, come hanno dimostrato diversi studi italiani e della Comunità europea, nel nostro Paese c’è moltissimo lavoro nero e grigio dovuto a vuoti legislativi e contrattuali. Molti lavorano in altre casse in alcuni casi con la stessa mansione e il versamento va in una gestione separata. Questa è la dimostrazione che se anche fosse scritta correttamente questa norma non può funzionare perché il contorno normativo e fiscale del settore non è efficiente. Il settore ha bisogno in realtà di una riforma organica. Pensiamo al reddito prevalente. Per accedere il reddito prevalente deve provenire da attività di spettacolo. Giusto ma, ad esempio, chi lavora all’estero difficilmente può accreditare quei contributi, oppure pensiamo a tutte quelle attività che vanno in gestione separata o, come la maternità, in gestione generale. Ci si dimentica sempre che a monte le caratteristiche di questi lavoratori sono la multidatorialità e la multisettorialità. È anche un mondo dove si è facilmente ricattabili. Di tutto questo bisogna tenere conto e dopo tutti i mesi di colloqui ci siamo molto stupiti di leggere questa norma che non è da modificare ma da riscrivere completamente.
Luana Luciani