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È morto Yuri Grigorovich, il coreografo che fece del Bolshoi un mito vivente

Dal Mondo
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19/05/2025
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Mosca, 19 maggio 2025 – Si è spento oggi, alletà di 98 anni, Yuri Grigorovich. Con lui, il mondo della danza perde uno dei suoi più grandi visionari. Una figura che non ha solo firmato coreografie, ma ha inciso il proprio nome nella carne viva del balletto russo, trasformandolo in epica, in teatro del corpo, in verità scenica.

Grigorovich non è stato soltanto un coreografo, ma lartefice di una nuova grammatica scenica, capace di trasformare il Bolshoi in un universo simbolico: non solo un teatro, ma un tempio della danza e uno specchio della storia.

 

Dal Kirov al Bolshoi: il seme del genio

Nato a Leningrado il 2 gennaio 1927, Yuri Grigorovich portava nel sangue limpronta della scena: suo nonno fu danzatore nei leggendari Balletti Russi di Diaghilev. Dopo il diploma presso lIstituto di Coreografia della sua città natale nel 1946, entrò come solista al Teatro Kirov (oggi Mariinsky), distinguendosi per temperamento e forza scenica.

Ma fu la creazione coreografica a chiamarlo con forza. Già nelle sue prime opere – tra cui Il Fiore di Pietra – si avvertiva una visione potente, teatrale, costruita su dinamiche cariche di tensione e gestualità scolpita, come se la danza dovesse raccontare non solo storie, ma destini.

 

Il Bolshoi: quando la danza diventa epopea

Nel 1964 la sua vita cambiò per sempre: fu nominato direttore artistico del Balletto del Teatro Bolshoi. Da quel momento, Grigorovich scrisse pagine fondamentali della storia del balletto del XX secolo. Spartacus (1968), Il Lago dei Cigni (1969), Ivan il Terribile (1975), Romeo e Giulietta (1979): titoli divenuti monumenti, visioni coreografiche in cui la danza si faceva dramma, lotta, passione, elevazione.

La sua estetica fondeva la forza narrativa del balletto sovietico con una monumentale architettura scenica: gesti netti, dinamiche eroiche, corpi narranti. Rileggendo i grandi classici – Raymonda, La Bayadère, Giselle, Don Chisciotte – li restituiva al presente con vigore e coerenza drammaturgica, fondendo tecnica e poesia in ununica voce.

 

Oltre la scena: il maestro delle generazioni

Nel 1995 lasciò la direzione del Bolshoi, ma non la danza. A Krasnodar fondò il Grigorovich Ballet, dove continuò a coltivare nuovi talenti. Dopo la morte della sua amatissima moglie e musa, Natalia Bessmertnova, nel 2008 fece ritorno al Bolshoi, chiamato ancora una volta a custodire e guidare lanima di quel palcoscenico.

È stato mentore, pedagogo, giurato internazionale, presidente del Benois de la Danse. Non solo creatore di opere, ma forgiatore di artisti. E forse, soprattutto, creatore di uno stile: quel modo Grigorovich” di pensare il corpo e la scena, così riconoscibile e così incisivo.

 

Uneredità che non si spegne

Tra i suoi innumerevoli riconoscimenti: il titolo di Artista del Popolo dellURSS, il Premio Lenin, lOrdine di Lenin e lOrdine Per i Servizi alla Patria” in tutte le sue classi. Ma il premio più duraturo resta la sua opera: viva, pulsante, inscindibile dalla storia del balletto stesso.

Il Teatro Bolshoi ha annunciato che custodirà “con cura e devozione” il suo lascito. Ed è ciò che il mondo della danza deve continuare a fare: tramandare non solo il nome, ma la visione, la pedagogia, la memoria artistica di Yuri Grigorovich.

 

Oggi il sipario cala su una figura immensa, ma il suo spirito continua a danzare: nei gesti che raccontano il destino, negli sguardi rivolti alla luce, nei silenzi che solo la danza sa colmare.

Grigorovich ha lasciato il palcoscenico della vita, ma la sua presenza è destinata a durare oltre il tempo: la sua arte vive in ogni passo che narra, in ogni corpo che vibra, in ogni scena che prende vita. Perché chi ha fatto della danza il proprio destino non scompare mai: continua a danzare nelleternità.

 

di MONICA LUBINU

 

Monica Lubinu