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Finger Food di Monica Ratti

Critica Spettacoli
Quando
11/01/2025
Genere
Danza programma misto
Monica Ratti



Finger  Food

di Monica Ratti

 

Sabato 11 gennaio a Catania, presso Scenario Pubblico, nell’ambito della XXIII edizione di Hi!, i coreografi Marco Laudani e Claudio Scalia hanno presentato il lavoro vincitore del bando SIAE 2024 intitolato Finger Food.

Ancora una volta la singolare coppia siciliana non delude.

Uno spettacolo dal ritmo incalzante, dall’ironia sottile, ideato per catturare l’attenzione degli adolescenti e, soprattutto, per farli/ci riflettere e pensare alla ‘solitudine social’ che permea tutta la società.

Quello che colpisce di questo duo creativo è la capacità di non essere mai uguali a loro stessi, ogni volta la cifra coreografica cambia, evolve, indaga nuovi linguaggi. Ogni creazione non rimanda mai alla precedente.

Il Cibo e la Danza servono a raccontarci come la comunicazione tra individui sia radicalmente cambiata nella società odierna. La metafora del finger food come rappresentazione di una vita caratterizzata da relazioni superficiali è affascinante e pungente. In un mondo in cui il ritmo frenetico della vita quotidiana sembra prevalere, il finger food diventa simbolo di un modo di approcciarsi al cibo e, per estensione, alle esperienze e alle relazioni. 

Il finger food, essendo pensato per essere consumato velocemente e senza l'ausilio di posate, riflette un comportamento che privilegia la praticità. In una cena tradizionale, il cibo diventa momento di condivisione, di conversazione e di interazione personale. Ogni portata è un invito a sedersi, a riflettere, a gustare il cibo non solo con il palato, ma anche con tutti i sensi. Al contrario, il finger food invita a prendere e mangiare, accelerando il processo e riducendo il tempo dedicato alla relazione con gli altri.

Marco Laudani e Claudio Scalia, attraverso la danza, possono esprimere questa dicotomia tra la velocità e la superficialità della vita moderna e la bellezza della connessione profonda. Anche se non pensato in questi termini dagli autori, la danza, che richiede tempo, attenzione e presenza, diventa il contraltare ideale al finger food.  La danza è connessione autentica tra i danzatori, così come tra le persone che si siedono a tavola, invece come nel finger food, dove ogni boccone è un gesto che sfiora senza affondare, le nostre esperienze possono restare in superficie, senza mai dare spazio a una vera comprensione reciproca. 

Rallentare i ritmi, sintonizzarsi con sé stessi e con gli altri, è in questo senso che nel cibo possiamo ritrovare un’essenza di comunità, di scambio, che vada oltre il semplice assaporare un piatto. Ecco perché, in un mondo che potrebbe apparire dominato dalla cultura del “tutto e subito”, dovremmo riscoprire il valore delle esperienze lente, della convivialità e della profondità delle relazioni. 

In conclusione, la danza di Laudani e Scalia serve a ricordarci che dietro ad ogni interazione, ci sono storie, emozioni e legami da esplorare. Così come un pasto condiviso può nutrire non solo il corpo, ma anche l'anima, anche la danza può fungere da veicolo di connessione e intimità, contrastando le tendenze di una vita troppo veloce e spesso impersonale.

Lo spettacolo si apre con l’immagine di una tavola arancione imbandita, con tutti attorno al tavolo in una sorta di flashback. L’impianto scenico ed i costumi sono anch’essi arancioni, il colore quale simbolo di fluidità e neutralità. La scelta di un colore caldo che evoca sensazioni di calore, entusiasmo e vitalità, a differenza di colori come il freddo blu, solitamente abbinato al maschile, ed il delicato rosa sempre associato al femminile. L’arancione, quale richiamo visivo per coloro che si identificano al di fuori delle categorie prestabilite, non è una questione di bianco o nero, piuttosto una tavolozza ricca di sfumature, una sorta di attivismo visivo che rompe i canoni tradizionali promuovendo l’idea che l’identità possa essere polimorfa. 

La tavola viene disallestita, i commensali spariscono e la scena, scevra da suppellettili, accoglie l’ingresso di figure che si muovono come i PAC-MAN del celebre video gioco degli anni 80, il cui nome originale era Puck-Man, dalla parola giapponese “ Paku” che vuol dire “masticare”.

La celebre pallina gialla, con una bocca che si apre e chiude, si sposta correndo all’interno di un labirinto e divorando puntini e frutti oltre a cercare di non farsi toccare da 4 fantasmi, pena la perdita di una delle vite a disposizione.

In Finger Food 5 i personaggi in scena, vi entrano con una ritmicità ossessiva, compulsiva ed un’espressività asettica. Estremamente interessante è la scelta di contaminazione urban nella gestualità dei danzatori che si spostano nello spazio scenico senza mai toccarsi.

La ricerca di comunicazione, l’esigenza umana di interagire con l’altro si sviluppa in un graduale crescendo, i momenti coreografici corali vedono una danza molto fisica, fatta di up and down incalzanti; molto curati i dettagli espressivi che evidenziano il rapporto con il cibo.

L’ingresso a sorpresa di una figura vestita da astronauta simboleggia lo sguardo di colui che, osservando da fuori, coglie le fragilità di un’umanità che fatica a comprendersi; il suo compito è quello di tornare sulla terra per tendere una mano, mettere in connessione proprio le mani, perché nessuno può salvarsi da solo.

Da quel momento in poi, gli interpreti riducono la distanza, non solo fisica, le loro menti iniziano a sincronizzarsi, ogni passo diventa un dialogo spesso intriso da ironia, gag in cui lo stesso pubblico viene chiamato a partecipare, in uno spazio condiviso dove la preparazione del banchetto, la condivisione del cibo è il giusto coronamento di una convivialità e una ritualità  di cui l’essere umano necessita. Così, sulle celebri note di ‘Libiamo ne’ lieti calici’ di Traviata si chiude lo spettacolo, con un messaggio di gioia, di amore e ritrovata convivialità. Finger Food ovvero l’allegoria di un viaggio, l’importanza di un mix di sapori, di nuove esperienze necessarie per progredire senza perdere di vista ciò che rende uniche le nostre identità. Imparare a mescolare piatti che onorino il passato aprendo a orizzonti futuri, celebrando la diversità e la ricchezza delle nostre origini. Finger Food è un invito a “mangiare” il futuro con consapevolezza, gustando ogni esperienza che la vita ci offre e mantenendo un forte legame con la propria cultura e storia anche se per fare ciò dobbiamo rallentare e fermarci.

Laudani e Scalia, con una danza travolgente, e al tempo stesso poetica, fisica e volante, miscelando le loro gestualità, utilizzando linguaggi coreografici che hanno cifre molto differenti, hanno saputo condurci in un viaggio di sensazioni intenso, ci hanno fatto sorridere, pensare ed anche gustare il sapore vigoroso della danza, che quando è bella viene immediatamente apprezzata dal pubblico.

Il successo dello spettacolo è dovuto anche al lavoro della compagnia, 5 danzatori, Nunzio Saporito, Paola Tosto, Rebecca Bendinelli, Ismaele Buonvenga e Rachele Pascale, che provengono da formazioni molto diverse, con una forte preparazione di classico ma, soprattutto, con una cifra contemporanea molto differente tra loro. Una compagine tra le più interessanti e preparate del panorama nazionale.

Tre repliche che hanno registrato il sold out e il caloroso apprezzamento del pubblico.

 

 

Finger food

Idea e coreografia: Marco Laudani e Claudio Scalia

Drammaturgia: Marco Laudani con la collaborazione di Noemi Privitera

Interpreti: Nunzio Saporito, Paola Tosto, Rebecca Bendinelli, Ismaele Buonvenga, Rachele Pascale

Musiche di: Iva Bittova &Paolo Angeli, Travis Lake, Giuseppe Verdi, Benjamin Clementine.

Costume designer: Adriano Popolo Rubbio

Registrazione e montaggio voce: Irene Quiros

Realizzazione costumi: Gabriella Palomba

Realizzazione elementi di scena: Luigi Pattavina e Laura Laudani (associazione creative non solo cartapesta)

Direzione tecnica: Sammy Torrisi

Foto: Serena Nicoletti

Produzione: Ocram Dance Movement con la collaborazione di Scenario Pubblico, Centro di Rilevante Interesse Nazionale.

Con il sostegno di MIC e di SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea”

 

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