La voglia di non piangersi addosso, rimboccandosi le maniche e autofinanziandosi è, fortunatamente, pratica diffusa e sostenuta tra molti giovani talenti che, nonostante la crisi dello spettacolo dal vivo, portano avanti i loro obiettivi sperando sempre in un futuro migliore.
Nel nostro Paese incombe, come una mannaia malefica, la chiusura o la minaccia di chiusura, di prestigiosi spazi o realtà che hanno fatto e fanno la storia della nostra identità culturale.
Pullulano e fioriscono attività autofinanziate dagli artisti, mentre realtà, sostenute dalle istituzioni di rilevanza internazionale quale la NID platform, (la piattaforma della nuova danza italiana), propone ad un parterre di operatori, critici, direttori di teatri, quello che, a insindacabile giudizio di una commissione internazionale, dovrebbe essere il meglio delle compagnie e coreografie italiane.
A questo proposito intendo aprire una dissertazione, per la quale occorrerebbero ( e non basterebbero) dieci pagine, che ho preferito non scrivere, dedicando all’argomento solo qualche riga.
Ritengo che la NID sia un momento importantissimo per la danza italiana, ma, a mio avviso, estremamente autoreferenziale, che fa riferimento a sistemi di collaborazioni chiusi tra loro, non disponibili ad una visione più dinamica e allargata nell’accogliere nuove proposte.
Dopo essere stata alla NID, sono tornata a casa delusa e anche sconfortata dalla banalità, pochezza, bruttezza e presunzione, priva di reale originalità e di gesto coreografico-innovativo delle proposte. Performance per la maggior parte volgari e irrilevanti , (non tutte fortunatamente).
Una boccata di OSSIGENO ( nonostante il lavoro tratti la futura mancanza di ossigeno ) con “Africa”, della compagnia OCRAM Dance Movement, diretta da Marco Laudani con la coreografia di Claudio Scalia,( in prima nazionale a Caltagirone giovedi 31 ottobre, nell’ambito della XVIII edizione del Festival Internazionale del Balletto diretto da Maricò Pepi).
Africa nasce dall’esigenza del coreografo di esprimere la sua opinione sul rapporto uomo-natura e sulla lenta morte del pianeta, soffocato dalle emissioni di carbonio, gas serra, plastica e dal consumo di risorse non rinnovabili. Un lavoro che vuole essere anche un messaggio e un momento di riflessione per tutti quei giovani che avranno l’opportunità di assistere allo spettacolo, che io consiglierei vivamente di programmare nelle proposte del Teatro Ragazzi. Molto indicato per le scolaresche.
Sul palco 4 danzatori, nessun elemento scenico, se non l’ingresso di spazzatura. I 4 corpi, attraverso movimenti morbidi, scivolati , ma a tratti incalzanti, danno vita ad un nucleo vitale che si muove alla ricerca di ossigeno , di acqua, di vita. Talvolta il nucleo o il singolo elemento di questo “blob” viene sovrastato e imbrigliato dai detriti, proprio come i pesci che in mare si trovano intrappolati nella plastica. La coreografia si dipana fluida, leggibile. Molto interessante l’utilizzo che Scalia fa delle braccia e delle mani, vibranti , scandite da un rituale quasi tribale. Il grande blob si muove impetuoso, avanzando vorticosamente e aggredendo il pubblico, come un’onda che s‘infrange sulla battigia: potrebbero essere il mare, la terra, gli uomini, gli animali, alla ricerca di vita, di acque pulite, di terre non avvelenate .
Sono 55 minuti di spettacolo, dove lo spettatore è chiamato a riflettere, accompagnato da una colonna sonora sapientemente mixata ( tratta da vari autori) e da 4 eccellenti danzatori. Un racconto leggibile, quanto basta per aver messo in scena un prodotto convincente per il pubblico, che ha premiato la compagnia con applausi lunghi e calorosi.
OCRAM Dance Movement una piccola compagnia di grande qualità.
Monica Ratti