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Un italiano a Parigi Fabio Crestale

L'intervista
Quando
21/01/2021
Genere
L'intervista
Violenze psicologiche, violenze fisiche, prepotenze, vessazioni:  sono aspetti che spesso permeano la nostra società. Abusi perpetrati sui più deboli e  fragili che hanno effetti devastanti sull’individuo.

 L’uomo che viene svilito, defraudato della sua dignità, invaso nel suo spazio vitale e nella sua intimità: DE HOMINE, uno dei lavori più premiati e incisivi di Fabio Crestale, ci racconta di come il bullismo e l’omofobia si insidiano subdoli, spesso celati da falsi perbenismi, nella vita di molti.

Immagini potenti si dipanano sullo spazio scenico, una danza incalzante, fisica, che arriva dritta allo stomaco con la forza di un urlo che ti spettina, ti sposta.   Quattro straordinari danzatori  Andrea Apadula, Arnaud Baldaquin, Geoffrey Ploquin Kilt e Pedro Lozano Gomez, di età e fisicità differenti, danzano incessantemente per 65 minuti, sottolineando che la violenza appartiene a tutte le età. È vero che esiste la sottomissione, ma è ammessa la difesa e lo scontro per salvaguardare la propria dignità.

Oltre 10 minuti di applausi da parte del numeroso pubblico presente al Teatro ai Colli di Padova lo scorso 10 ottobre, in occasione del festival “Lasciateci Sognare“ giunto alla XVII edizione con la direzione artistica dell’operatrice culturale e coreografa Gabriella Furlan Malvezzi. Con passione e dedizione in questi  anni la Furlan ha portato il Festival ad una crescita ed un respiro internazionale.  Proprio grazie alle  sue scelte  Un italiano a Parigi  è tornato  in patria dopo 5 anni (l’ultimo lavoro di Crestale in Italia è stato presentato a Torino nel 2015 ).

 

Gabriella cosa l’ha portata a scegliere per il suo Festival un lavoro di Fabio Crestale?

Alcuni coreografi e persone che stimo me ne avevano parlato molto bene, ho così pensato di invitarlo, per tenere dei workshop nella mia scuola in modo da verificare lo stile, la tecnica,  la creatività, conoscerlo. Nel mentre ho visionato con attenzione i suoi promo e dato che erano diversi anni che non veniva in Italia ho scelto “ DE HOMINE “  un lavoro che aveva ottenuto prestigiosi riconoscimenti in Francia, ma  non era stato ancora rappresentato in Italia. Mi piaceva l’idea di una prima assoluta italiana e ho trovato estremamente interessante i temi di questo lavoro, bullismo e omofobia, temi molto delicati che Crestale ha saputo indagare con grande sensibilità, ma allo stesso tempo con un linguaggio coreografico,  potente, fisico

 

Fabio Crestale  com’è  stato mostrare nel tuo Paese il lavoro che stai facendo?

La propria terra, le origini, sono la tua anima; la voglia e il piacere di mostrare il proprio lavoro -  che  all’estero è stato riconosciuto e apprezzato - nel tuo Paese, è una nuova sfida. È un po’ come essere andato sulla luna e poi tornato sulla terra per raccontare cosa hai esplorato e come hai navigato, riportando  un’esperienza da condividere senza presunzione.

 

Cosa ti aspetti dall’Italia?

La possibilità di essere ascoltato. Io vengo con tanti buoni propositi e speranze, come ognuno di noi che, dopo un’esperienza lavorativa all’estero, ha un forte richiamo verso le proprie radici. L’atteggiamento da parte degli operatori e della politica italiana, mi appare sempre molto disinteressato. Ho come la sensazione che tutto sia già predefinito. Mi sembra che manchi la curiosità di conoscere: io invece sono convinto che essere curiosi sia segno di intelligenza. Vado a vedere moltissimi colleghi, per capire, per imparare, non per criticare. Criticare è facile, ma difficile autocriticarsi. Nel mio caso è importante riuscire a fermarsi e chiedersi a 44 anni se sono capace di fare questo lavoro.

 

Come ti è caduta la danza nel piatto?

Diciamo che, a parte lo studio intrapreso, la passione verso quest’arte credo mi sia realmente caduta nel piatto quando mi è capitato un lavoro a Parigi. In quella città ho respirato un’artisticità che mi ha avvolto, irretito. Quell’occasione di lavoro mi ha spinto verso una dimensione che faceva e fa parte di me.

 

Hai trovato quindi condizioni più favorevoli?

Non esattamente. Io sono arrivato nel 2005 e sino al 2007 ho faticato moltissimo a trovare spazi, poichè non rispecchiavo esattamente i canoni francesi. In Francia l’improvvisazione e la contaminazione erano in essere già da anni, mentre in Italia il danzatore aveva ancora un’ impronta più tecnica. In Francia la tecnica veniva stravolta, destrutturata. Così mi sono barcamenato con piccoli lavori. Ad un tratto mi si è accesa una lampadina. Ho messo da parte la timidezza ed ho iniziato a proporre le mie lezioni a coloro che facevano girare la danza contemporanea. Ho iniziato a stravolgere il mio lavoro, ricavandone un consenso più che positivo.

Gli italiani sono sicuramente tra gli artisti più apprezzati all’estero poiché, solitamente, partono dall’Italia con una buona scuola e, prima o poi, l’artisticità italiana sboccia.

 

I tuoi sogni?

Alcuni già realizzati. Un giorno mi fermai davanti all’Opera, sognando di poterci lavorare. Allora decisi di fare un’audizione per entrare nel corpo di ballo delle opere liriche. I coreografi di Opere Liriche all’Opera sono tutti importanti ed affermati. Ce l’ho fatta e sono entrato.

Tra i miei sogni da realizzare quello di dirigere la compagnia di un ente lirico o poter ideare nuove creazioni per una compagnia stabile molto importante.

 

I prossimi appuntamenti?

Il prossimo 28 novembre, mi attende una creazione per la serata TEDxBlois in diretta YouTube per l’America dal castello di Chambord.  A dicembre devo coreografare la compagnia de le Jeune Ballet D’aquitaine a Bordeaux,   mentre nel 2021 una nuova produzione per festeggiare  i 10 anni  di lavoro della mia compagnia IFunamboli.

L’11 aprile 2021 mi aspetta quello che ritengo il mio appuntamento più impegnativo: un lavoro che vede coreograficamente impegnati anche gli orchestrali dell’Orchestra Pasdeloup al Philharmonie de Paris.

 

Per concludere, come definiresti la tua danza, il tuo lavoro?

La mia danza la definisco poetica, il mio lavoro fisico: due aggettivi che sintetizzano il concetto della forza del mio gesto coreografico.

Nutro per la danza, non solo l’orgoglio del ballerino e coreografo, ma un profondo riconoscimento. È stata la mia fortuna. È diventata la mia etica, grazie alla nobiltà della sua disciplina. Grazie alla danza ogni giorno scopro e indago un aspetto del mondo,  con l’energia e la generosità che le sono proprie. Ogni artista ha l’orgoglio della sua arte, ogni artista difenderà l’arte il cui incontro l’ha sconvolto.

Il Festival “Lasciateci Sognare “ci ha dato l’opportunità di conoscere meglio questo artista poliedrico e versatile. La sua è una danza, danzata, dove il rigore della tecnica è alla base di ogni creazione che può essere manipolata, destrutturata, contaminata, ma per prima cosa i suoi danzatori devono conoscere il linguaggio che proviene da studi rigorosi della tecnica classica e contemporanea. In DE HOMINE, infatti, la scelta degli interpreti, sia dal punto di vista tecnico che interpretativo è stata strepitosa. Come spesso amo concludere quando un lavoro mi ha colpita particolarmente: una gioia per gli occhi e per il cuore .

 

 

Monica Ratti