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Torneranno i corpi di ballo - 2 parte

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Quando
30/05/2022
Genere
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Nello scorso numero di DanzaSì ci siamo soffermati sui corpi di ballo delle Fondazioni Lirico sinfoniche, di quello che hanno rappresentato, del loro declino e della loro quasi completa scomparsa. Abbiamo gettato uno sguardo sulla politica, su ciò che ha fatto e ciò che potrà fare in proposito. Un argomento fino ad oggi marginale per l’informazione e la televisione main stream che come per magia è balzato agli onori delle cronache quando a parlarne è stato l’ètoile Roberto Bolle in audizione alla Camera  dei Deputati. Tutto giusto quello che ha detto ma nulla di nuovo...sono anni che i danzatori dicono le stesse identiche cose, ma quando è un personaggio a parlare evidentemente anche il messaggio assume un diverso valore. 
Negli ultimi anni in molti hanno chiesto che si mettesse fine allo scempio compiuto ai danni della danza, allo svilimento di una professione. Come hanno fatto quattro danzatori professionisti, Anna Chiara Amirante (33 anni), Vito Lorusso (33 anni), Andrea Morelli (30 anni) ed Alessandro Staiano (29 anni) che nell’ottobre 2020 hanno fondato “Danza Error System”, un canale social (Facebook e Instagram) con il preciso intento di porre attenzione su un sistema, quello delle Fondazioni e dei corpi di ballo, che è in forte sofferenza e necessita urgentemente di una rinascita. Sul canale si alternano contenuti informativi, altri di denuncia, altri ancora di sensibilizzazione attraverso il coinvolgimento di numerosi danzatori. Il tutto con un unico obbiettivo: diffondere e condividere questa realtà drammatica al di fuori delle mura dei teatri e lanciare una richiesta di aiuto affinché le Istituzioni possano, una volta per tutte, occuparsi delle problematiche esistenti e promuovere soluzioni concrete. 
 
 
Abbiamo assistito in questi anni alla chiusura, uno dietro l’altro della maggior parte dei corpi di ballo delle Fondazioni lirico sinfoniche spesso per risanare bilanci disastrosi. Quanto si è effettivamente risparmiato? 
Questa domanda ci stimola a fare una riflessione a 360 gradi. 
Il pensiero comune della maggior parte delle aziende associa ad ogni taglio un risparmio e così, negli ultimi decenni, sono stati chiusi quasi tutti i corpi di ballo con un’apparente motivazione di carattere economico.
Il dato di fatto è che, nonostante siano stati dismessi quasi tutti i corpi di ballo (per citare i più recenti, il corpo di ballo di Venezia nel 1984, quello di Torino nel 1992, quello di Trieste nel 2010, quello di Firenze nel 2013, quello di Verona nel 2017), nessuna Fondazione lirico-sinfonica, ad oggi, ha risolto i propri debiti, a conferma del fatto che licenziare le danzatrici e i danzatori non è servito a niente, se non a mettere in pericolo, ancora di più, l’esistenza e la struttura di questi teatri che rischiano di diventare, nell’imminente futuro in maniera definitiva, delle scatole vuote da riempire all’occorrenza con pacchetti di cultura acquistati da privati o dall’estero.
Prendiamo l’esempio del Teatro Regio di Torino: recentemente, quindi quasi 30 anni dopo che il corpo di ballo è stato chiuso, è emersa una grave situazione finanziaria, che ha fatto molto discutere e che ha spinto lo stesso Teatro a fare richiesta per aderire al fondo rotativo di sostegno economico previsto dalla cosiddetta Legge Bray, emanata nel 2013.
Ma come? Nonostante il corpo di ballo sia stato chiuso negli anni ‘90, adesso, dopo 30 anni, emergono problemi economici? Questo sta a significare che i debiti non sono causati dal mantenimento o meno di un corpo di ballo, ma dal modo in cui le singole Dirigenze utilizzano i finanziamenti pubblici.
Per rispondere, quindi, alla domanda di partenza, dobbiamo porci una seconda domanda: perché sono stati chiusi sempre e solo i corpi di ballo?
Se la questione fosse stata davvero di carattere economico, ogni Fondazione avrebbe preso delle scelte diverse e personalizzate, a seconda delle proprie condizioni finanziarie.
Continuando le Fondazioni a percepire fondi pubblici e privati,  i soldi che sarebbero dovuti essere impiegati per i corpi di ballo, per garantire l’occupazione, per diffondere il patrimonio culturale, non sono stati risparmiati, ma semplicemente, sono stati destinati ad “altro”.
 
 
Perché salvare i corpi di ballo? Qual è la loro importanza?
Perché sono un’eccellenza del nostro paese; le danzatrici e i danzatori italiani costretti ad espatriare sono, praticamente, venerati, fuori dall’Italia, grazie al loro talento. 
Per preservare il patrimonio culturale e garantire la sua divulgazione alla cittadinanza, rinforzando il valore sociale e l’importanza del teatro. La cultura e l’arte educano le emozioni, ci fanno sentire meno soli, ci uniscono. Senza cultura siamo alla deriva.
Per dare un’occupazione a numerosi danzatori, maîtres de ballet, coreografi e direttori italiani.
Per offrire un futuro professionale ai milioni di allievi che studiano danza nelle migliaia di scuole di danza presenti sul territorio italiano.
Perché sono gli unici istituti in grado di garantire delle condizioni basiche, artistiche ed economiche, di minima sopravvivenza. 
Per restituire alla danza un ruolo primario all’interno della politica culturale italiana.
Perché la professione del danzatore necessita di continuità e di crescita artistica.
Perché ogni lavoro è essenziale per chi lo svolge e questo lo è anche per i benefici economici, culturali e sociali che si ripercuotono sulla popolazione che, in massa, continua ad amare il balletto.
 
 
Avete detto che “Se un’azienda vuole assumere solo lavoro precario o è precaria l’azienda o è permanente lo sfruttamento”. Per quale delle due propendete?
Ad onor del vero è una citazione che, essendo molto vicina alla realtà che le danzatrici e i danzatori italiani vivono, abbiamo riutilizzato in uno dei nostri video.
Le Fondazioni lirico-sinfoniche non sono aziende precarie. Si differenziano, ad esempio dai cosiddetti Teatri di Tradizione o dai Teatri Nazionali, proprio perché composte da masse artistiche (orchestra, coro e corpo di ballo) interne ed assunte a tempo indeterminato.
Lavorare con contratti precari per decenni, a volte per tutta la carriera, in enti finanziati dallo Stato con soldi pubblici e con le caratteristiche sopracitate, sì, per noi, sotto un profilo contrattuale e professionale, è un qualcosa di molto vicino allo sfruttamento.
 
 
Le Fondazioni lirico sinfoniche per qualcuno sono strutture indispensabili deputate a diffondere il patrimonio storico artistico del nostro Paese. Per altri aziende elefantiache inutili che macinano miliardi e che hanno negli anni accumulato debiti. Voi cosa ne pensate?
Pensiamo che non dovremmo generalizzare, che non esiste una sola chiave di lettura e che, come in ogni cosa, bisognerebbe dar vita ad una riflessione aperta e produttiva.
Immaginiamoci le Fondazioni come delle piccole città e immaginiamo che i Sovrintendenti, i Dirigenti e tutti i lavoratori siano gli abitanti di queste città.
È vero, qualche abitante ha commesso degli errori, talvolta molto gravi, ma non possiamo permettere che questi inquinino tutte le città. Chi sbaglia deve prendersi le proprie responsabilità e non farle ricadere sull’intera “città”.
Le Fondazioni lirico-sinfoniche non sono un errore. Sono dei luoghi meravigliosi, dei teatri colmi di storia e di arte, sono un dono che abbiamo e che dobbiamo, a tutti i costi, difendere. Perché la bellezza, prima o poi, prevarrà. Bisogna viverle per comprenderne la grandezza ed è per questo che invitiamo chiunque ci stia leggendo ad andare a teatro, a scoprire la bellezza.

 
La crisi culturale è colpa della pandemia o delle scelte politiche?
La crisi culturale è colpa di tutti, tranne che della pandemia.
Quest’ultima ha soltanto messo a fuoco e accentuato tutte quelle anomalie che già esistevano prima.
La responsabilità, non bisogna avere paura di prenderne atto, è della classe politica, dei Sovrintendenti, delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e anche nostra, di noi stessi danzatori. La chiusura dei corpi di ballo è passata davanti agli occhi di tutti, eppure nessuno mai è riuscito ad invertire la rotta.
Per troppo tempo i nostri rappresentanti politici hanno dimostrato indifferenza nei confronti di questa situazione, i Sovrintendenti non si sono fatti scrupoli a colpire un intero settore, rimasto praticamente senza tutela da parte di chi, invece, lo avrebbe dovuto tutelare, e noi, noi danzatori, o ci siamo limitati ad una lamentela tra un camerino e l’altro o abbiamo avuto troppa paura di esporci o abbiamo iniziato battaglie mai portate a termine e quindi rivelatesi vane.
È difficile lottare con costanza, con poche possibilità di riuscita, all’interno di un sistema che ci vuole mangiare, ma quando si è perso tutto, lottare diventa l’unica scelta.
Il cambiamento deve partire prima dentro di noi, solo così, prima o poi, potrà avvenire anche al di fuori. 
 
 
Se di colpo tornassimo alla vita pre-covid quanto sarebbe diverso per un ballerino?
Per le constatazioni che abbiamo fatto nella risposta precedente, se tornassimo alla vita pre-covid, per una danzatrice o per un danzatore, in Italia, non cambierebbe praticamente nulla sotto un profilo lavorativo.
Ci sarebbero sempre 4+1 corpi di ballo su 14 Fondazioni lirico-sinfoniche, ci sarebbero sempre contratti precari senza alcuna sicurezza professionale e di vita, ci sarebbero sempre le esternalizzazioni a causa delle quali i balletti vengono affidati a compagnie o agenzie private esterne e le danzatrici e i danzatori vengono privati della possibilità di partecipare ad un’audizione pubblica e, quindi, di lavorare in questi enti.
Se tornassimo a prima della pandemia, significherebbe non aver imparato niente da un momento così drammatico. 
Oggi, come non mai, bisogna avere il coraggio di andare avanti e costruire tutti insieme, ognuno con le proprie possibilità, un futuro migliore, fatto di speranza.
 
 
I nostri danzatori vivono in una condizione perenne di precariato se non di disoccupazione. Quali sono le differenze principali con i colleghi europei?
In Europa i contratti a tempo determinato sono, per la maggior parte, di durata annuale. In Italia sono, quasi sempre, stipulati di spettacolo in spettacolo, senza alcuna certezza di continuità.
In Europa, in varie compagnie, dopo aver lavorato un tot. di anni con contratti a termine, si entra a far parte dell’organico stabile. In Italia sono decenni che non si effettuano concorsi a tempo indeterminato per i danzatori, rendendoli quasi tutti precari.
In Europa le programmazioni artistiche sono ricche di titoli di repertorio e di coreografi internazionali. In Italia gli spettacoli di balletto sono sempre di meno e la qualità e l’offerta artistica sono sempre più compromesse.
In Europa l’intera popolazione è educata e sensibilizzata ad andare a teatro. In Italia la cultura è vista come un lusso, un bene per pochi o, addirittura, come un qualcosa di estremamente noioso e inutile.
In Europa i danzatori sono considerati degli idoli da seguire e sostenere. In Italia troppe persone, ancora, credono che la danza non sia una professione.
In Europa le compagnie di balletto, pubbliche e private, sono tantissime. In Italia ci sono solo 4+1 corpi di ballo e nella compagnie private, tranne rare eccezioni, le condizioni contrattuali e lavorative sono insostenibili.
In Europa, in moltissimi teatri, i corpi di ballo hanno a disposizione una mensa, una palestra e un’équipe di fisioterapisti. In Italia non esistono quasi più i corpi di ballo figuriamoci il resto!
In Europa i danzatori italiani sono tra i più apprezzati. In Italia non c’è più un posto per loro.
 
Danza error system è la rete social che avete creato per dare voce alla danza e ai danzatori soprattutto dei corpi di ballo. Quale potrebbe essere secondo voi la ricetta per salvare i corpi di ballo? Quali sono le vostre proposte? Quanto avreste potuto fare e non avete fatto?
Sì, Danza Error System è nata come una rete social, ma a noi piace vederla come un qualcosa di più grande: una luce sempre accesa. Siamo infinitamente grati alle migliaia di persone, colleghi e amanti del balletto che ci sostengono e ci dimostrano fiducia.
Avremmo potuto iniziare questo percorso prima? Sicuramente! Un’autoanalisi e un’autocritica vanno sempre fatte. Ma pensiamo che per ogni cosa ci sia un tempo ben preciso. Siamo giovani, abbiamo trent’anni. Ogni fase ha i suoi steps. Siamo passati dalla fase di eccitazione dei primi contratti di lavoro a vivere esperienze meravigliose in Italia e all’estero fino ad arrivare alla fase di sconforto e di presa di coscienza. Poi, grazie a Danza Error System, abbiamo reagito, abbiamo dato la nostra risposta. Abbiamo letto, in un certo senso studiato, normative e documenti, abbiamo creato idee, abbiamo raggruppato tante persone in un unico grido, forte e chiaro. Alla rabbia abbiamo scelto la passione e il coraggio. E finché ci sarà da lottare noi lotteremo, questa è una promessa! 
Le nostre proposte sono composte da 11 punti che abbiamo condiviso e continueremo a condividere con i nostri rappresentanti politici. Questi punti compongono tre macro aree:
-“Fondi” (aumento degli investimenti pubblici erogati dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni a favore dell’arte e, quindi, anche del balletto).
-“Controllo” (maggior vigilanza sull’operato dei Sovrintendenti e nomine dirigenziali secondo criteri di meritocrazia e competenza).
-“Riforma” (modifica del nome di questi enti in “Fondazioni liriche, sinfoniche e coreutiche”; rivisitazione del punteggio Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo, equiparando il punteggio del balletto a quello dell’opera lirica; stabilizzazione dei danzatori precari; valorizzazione delle programmazioni artistiche; istituzione di audizioni pubbliche al posto delle esternalizzazioni e altro ancora).
Sul nostro canale abbiamo dedicato un approfondimento per ciascuno degli 11 punti per chi fosse interessato a scoprirne i dettagli!
 
 
Cosa vuol dire essere un giovane danzatore in Italia?
Vuol dire essere invisibile, un “mai nato”, un emarginato.
Vuol dire non potersi costruire nè un presente nè un futuro, veder vanificati anni e anni di studio e di sacrifici, sentirsi senza un posto all’interno della società.
Vuol dire ritrovarsi tra gli ultimi.
Ed è proprio perché ci troviamo tra gli ultimi che dobbiamo comprendere, tutti quanti, che abbiamo una missione: nessuna ragazza e nessun ragazzo, che verrà dopo di noi, dovrà essere costretto a sentirsi così.
Questa deve essere la battaglia!
Luana Luciani