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Riflessi del perfezionismo sul benessere o malessere psicofisico dei danzatori

Medicina della Danza
Quando
21/01/2021
Genere
Medicina della Danza

Molti studi hanno indagato i legami tra il perfezionismo e varie forme di benessere o malessere psicofisico. Come habitus, ossia forma abituale di comportamento e pensiero, nel suo complesso il perfezionismo risulta nocivo all’equilibrio psicofisico dell’individuo.
Spesso, ad esempio, le persone che sono dei perfezionisti riferiscono livelli più bassi di autostima e sicurezza di sé, livelli più alti di ansia e maggiore esposizione ai disordini alimentari (Hall HK., Hill AP., Appleton PR., Perfectionism: a foundation for sporting excellence or an uneasy pathway toward purgatory?, 2012).
Tuttavia, bisogna precisare che la multidimensionalità del costrutto del perfezionismo, che abbiamo analizzato nel nostro precedente articolo (Danzasì numero di ottobre), diventa cruciale a questo punto, perché può permetterci di riconoscere e separare le caratteristiche positive (come ad esempio il porsi elevati standard di performance ed elevati obiettivi di sviluppo professionale, incluso quello della perfezione), da quelle “negative” (ad esempio, l’eccessiva autocritica, il senso di inadeguatezza). Quegli aspetti “positivi” sono dalla letteratura scientifica associati al benessere, mentre quelli “negativi” sono associabili al malessere. Coloro che, pur perfezionisti, riescono a separare questi aspetti e a conformare la propria condotta evitando quelli “negativi”, riusciranno a trarre grandi benefici sul piano del benessere psicofisico e dei risultati artistici o sportivi. I veri perfezionisti hanno tipicamente un potenziale che sottende il benessere, continuamente minato dall’interno da quegli effetti negativi che già conosciamo. La maggior parte di essi sperimenta entrambe le facce della medaglia. Da questo punto di vista la ricerca dell’eccellenza, un costrutto privo di quei sottoprodotti “negativi” tipici del perfezionismo, come già visto nell’ articolo del numero precedente, risulta essere un habitus molto meno rischioso.

Al di là dei benefici psicologici e fisici, la ricerca dell’eccellenza può essere un atteggiamento più appropriato del perfezionismo nella pratica di un’arte come la danza. Semplicemente perché l’interpretazione personale è una componente importante di quest’arte. Essere perfetti presuppone un modello o una forma prestabilita, che male si accompagna alla libertà interpretativa dell’artista, mentre la performance che tende all’eccellenza presuppone maggiore fluidità di risultati, libertà di espressione artistica, e la possibilità di superare, andare oltre la norma stabilita.
Se un insegnante vuole aiutare i propri studenti a spostarsi dalla soglia del perfezionismo verso quella dell’eccellenza, dovrà proporre degli obiettivi impegnativi ma sempre realistici, specifici e mai vaghi, e sempre che si collochino dentro al raggio di controllo del danzatore, mai al di fuori di esso.


Perfezionismo e percezione del sé

Gli studi sul tema dimostrano una stretta correlazione tra il perfezionismo come habitus e un basso livello di autostima, mancanza di sicurezza e fiducia nelle proprie abilità (Nording-Bates SM.,Cumming J., Aways D., Sharp L., “Imagining yourself dancing to perfection? Correlates of perfectionism in ballet and contemporary dance”, 2011). Sentirsi sempre inferiori alla meta, o peggio ancora inferiori a ciò che si dovrebbe o potrebbe essere, diminuisce logicamente l’autostima, la fiducia in sé, soprattutto nei casi in cui l’identità del danzatore è fortemente legata alla sua professione, alla danza come l’attività più importante della propria vita: in questi casi la costruzione dell’autostima è un processo a rischio nel perfezionista e allo stesso tempo elemento essenziale per poter procedere nella carriera.
Per un danzatore con basso livello di autostima il livello di stress all’approssimarsi di una performance importante può raggiungere livelli da incubo.

Perfezionismo e disordini alimentari

Uno dei campi più indagati è proprio quello di questa correlazione. Abbondanza di studi ha confermato che non solo il perfezionismo è una delle concause che possono scatenare il disturbo alimentare, ma è uno dei principali fattori di rischio. Soprattutto in settori artistici come il balletto, dove l’aspetto fisico è continuamente valutato, essere molto perfezionisti relativamente alla propria performance, può sfociare nella determinazione che anche il proprio fisico debba essere perfetto. Eccessivo autocontrollo, training forzato, eccessiva attenzione alla forma e al peso del corpo, soprattutto nei periodi di stress, possono causare anoressia anche in forme gravi.


Perfezionismo e burnout

Nordin e Lemyre in uno studio del 2010 (Moving toward an understanding of burnout in elite ballet: the roles of perfectionism and motivational orientation) affermano che i danzatori perfezionisti sono esposti a rischi maggiori di burnout: questo comporta tipicamente esaurimento fisico e psichico, decremento di qualità della performance e stati di “disamore” per la professione. La motivazione è un fattore di sostegno determinante nella carriera di un ballerino e l’allenamento deve essere finalizzato al miglioramento e al raggiungimento di standard qualitativi sempre più alti ma raggiungibili, in modo da non provocare insoddisfazione, necessità di overtraining per non rimanere indietro, segni precursori del burnout.


Perfezionismo e infortuni

Infine, è interessante notare come studi di psicologia della danza e dello sport più in generale (Krasnow D., Mainwaring L., Kerr G., Injury, stress and perfectionism in young dancers and gymnasts, 1999) abbiano rilevato una stretta correlazione tra il perfezionismo e la tendenza degli atleti a subire infortuni. Sebbene il tema sia ancor lontano dall’essere esaurito, ci sono indicazioni che coloro i quali perseguono mete non realistiche e troppo al di sopra delle loro possibilità, incorrono con maggior frequenza in infortuni. Questo ha anche una logica spiegazione, in quanto sostenere uno sforzo al di là delle proprie possibilità costituisce un ovvio fattore di rischio.

I danzatori perfezionisti incorrono anche maggiormente in recidive dell’infortunio perché spesso, presi dall’ansia, tornano ad allenarsi prima di essere perfettamente guariti. Si può formare quindi un pericoloso circolo vizioso: il danzatore insoddisfatto della propria performance si sente inadeguato e cerca di compensare lavorando costantemente più duro (a rischio di infortuni), perché quello è il solo modo che gli permette di sentirsi più vicino al raggiungimento della meta.

In un articolo successivo indagheremo come il maître de ballet, o l’insegnante di danza in generale, possano diventare dei “perfezionisti” a loro volta, orientati a suscitare il perfezionismo dei loro atleti, e gli effetti che ciò produce sullo sviluppo professionale.

Annalisa Argelli