Login   |   Registrati
Indietro

Macia del Prete

Personaggi
Quando
01/11/2020
Genere
Personaggi
Macia del Prete, giovanissima è da subito un vero fiume in piena, prorompente e incontenibile.
Fisicità, sensibilità ed energia sono stati da sempre i suoi ingredienti di forza fino al raggiungimento massimo dell’espressione personale che ha sempre richiesto ad ogni suo danzatore.
Tante le collaborazioni con grandi artisti italiani, oggi fondatrice e direttrice artistica della compagnia COLLETTIVO TRASVERSALE e docente di danza contemporanea per workshop in Francia, Inghilterra, Spagna, Belgio, Repubblica Ceca, Israele e Stati Uniti.

Quando hai capito che la tua vena artistica era orientata verso la danza?
Sono figlia d’arte; mia madre ha una scuola di danza da più di 35 anni per cui la danza è sempre stata la spina dorsale della mia vita. Ho iniziato ad insegnare da molto, troppo giovane, 16 anni, a causa di un incidente stradale occorso a mia madre … così dalla sventura è iniziata la mia carriera professionale.

Quale è stato il momento artistico che ti ha dato la vera svolta?
l mio trasferimento a Milano ha certamente segnato l’inizio di un capitolo di consapevolezza e maturità artistica netto per me. Prima vivevo un lifestyle da vera gypsy, senza fissa dimora e senza alcuna voglia di piantare radici. Circa 8 anni fa invece, dopo aver terminato una lunga tournee come danzatrice con Renato Zero ho sentito la necessità di segnare un sentiero nuovo e cambiare completamente città, abitudini, network lavorativo e questo ha determinato una grande svolta dentro di me e l’inizio di processo di ricerca profondo e intenso che tutt’ora prosegue.

Nella tua carriera tante parole di stima. Cos'hanno significato questi attestati soprattutto quelli partiti dai colleghi?
Onestamente faccio una grande fatica ad “accettare” i complimenti. Sono una persona fondamentalmente molto autocritica e tento sempre di essere obiettiva con me stessa e con ciò che mi sta intorno. Detto questo per me la parola acquista significato in relazione alla fonte di provenienza anche se ricevere attestati di stima inevitabilmente mi lusinga profondamente e mi rende sempre più responsabile verso chi sono e cosa faccio.

E le critiche invece?
Quelle beh le preferisco!!! Incontro poche persone che hanno il “coraggio” e la capacità di esternare il proprio giudizio senza filtrarlo per cui quando questo accade lo vivo come una possibilità per mettermi in discussione e acquisire un punto di vista che magari non mi appartiene o che non ho gli strumenti per vedere.

Milano, ora la tua città, cosa rappresenta per il tuo lavoro?
Come ho già anticipato, Milano ad oggi è la mia base e la sento molto casa.
Lavorativamente mi ha dato molto ma oggi più che mai rappresenta la mia officina creativa in primis perché sede artistica del mio Collettivo Trasversale con il quale ho intrapreso questo cammino di esplorazione coreografica e ricerca.
Inoltre da un anno ho instaurato una nuova relazione professionale con l’accademia Susanna Beltrami, punto di riferimento per la formazione professionale italiana, con una docenza che abbraccia le tre diramazioni che la compongono; accademia Susanna Beltrami appunto per la danza contemporanea, Dhhd  dipartimento di danze urbane e Accademia Kataklo per la formazione nella danza aerea.

Danza urbana oggi. Ci racconti che succede?
Credo che la scena della danza urbana attualmente rappresenti il più ampio bacino di sperimentazione, commistione e produzione di nuovi linguaggi oltre che di numerosi danzatori talentuosi della compagine tersicorea.
Io definisco i danzatori urbani i nuovi danzatori contemporanei perchè si manifestano più duttili, assorbenti e protesi alla trasformazione e all’acquisizione di strumenti sempre nuovi e in perpetua evoluzione. Amo molto lavorare con questa tipologia di danzatore perché incontra e abbraccia la mia filosofia di movimento ma soprattutto di approccio privo da preconcetti alla scoperta e all’esplorazione del nuovo. 

Tra tutti i tuoi incontri artistici con chi hai subito percepito una forte empatia e perché?
L’incontro della mia vita è stato certamente Mauro Astolfi con il quale ho iniziato a muovere i miei primi passi verso l’inedito, verso la rottura degli schemi ma che ha rivestito anche un importante ruolo nella presa di coscienza di una mia predominante inclinazione verso la coreografia e la creazione.
Tutt’ora Mauro è per me un mentore e uno specchio di confronto e dibattito.
Lo stimo molto e credo che molti della mia generazione e non abbiano subito la sua influenza artistica così distinta e differente.

Cos'è per te “di moda” nella danza?
Purtroppo oggi la diffusione rapida delle informazioni e dei contenuti tramite i social ha equivocato molto il parametro sulla qualità.
Specialmente nella fascia di età 12-18 c’è paradossalmente molta meno coscienza critica e quindi meno consapevolezza rispetto al maturare dei gusti personali. Insomma l’omologazione in qualunque sentiero stilistico ci si approcci ormai la fa da padrone e il facile raggiungimento di consensi rappresenta l’unico obiettivo da perseguire imprescindibilmente. La vera moda è la notorietà e la quota dei like su instagram.

La scelta musicale per le tue creazioni come avviene?
Sono una grande appassionata di suoni e amo tutta la musica che suona bene alle mie orecchie. Anche in questo senso faccio sempre una grande ricerca per la colonna sonora o l’ambientazione musicale delle mie creazioni ed è sicuramente una delle cose che assorbe più tempo nel processo di composizione proprio perchè spesso tutto parte appunto da una suggestione acustica che vivo o percepisco.
Ad oggi quale è l’esperienza lavorativa che ti ha maggiormente segnata?
Ho avuto la grande fortuna di maturare numerose esperienze professionali di vario tipo che hanno abbracciato diverse tipologie di collaborazione. Quella che ad oggi credo abbia lasciato un segno maggiormente marcato è la collaborazione con la Peridance Contemporary Dance Company di New York per la quale ho firmato una creazione qualche anno fa. È stata la prima commissione importante di caratura internazionale e mi ha permesso di condividere ed esportare il mio lavoro oltre oceano.

Quando e come capisci se un danzatore può lavorare per te?
Ho dei “canoni” che non sono effettivamente dei canoni. Generalmente i danzatori con cui decido di connettermi risultano essere quelli che la maggior parte dei miei colleghi ha scartato perchè troppo alti, troppo bassi, troppo urban, troppo in carne e così via. Io detesto gli stereotipi e la diversità è alla base della mia ricerca creativa. Ho la necessità di imbattermi in un materiale umano che “semplicemente” abbia una sua qualità netta, che sia personale e che manifesti chiaramente una luce propria non emulabile da terzi. L’individualità e la personalità sono cardini di attrattiva per me.
Inoltre altra condizione fondamentale nell’ambiente di lavoro è essere delle brave persone oltre che degli artisti che desiderano permanere liberi e padroni della propria capacità comunicativa. In poche parole mi distanzio da divismi e egocentrismi improduttivi e talvolta ingiustificati. Il talento è fatto di più variabili.

Napoli una città decisamente importante nella tua vita. Come sta danzando Napoli negli ultimi anni?
Napoli resterà sempre il luogo nel quale ho ben piantate le mie radici umane. È la citta dei contrasti per eccellenza ma quando hai avuto la possibilià di sviluppare e sensibilizzare la tua vena artistica in quel territorio sarà sempre un grande plus che ti porterai per la vita. C’è un fermento artistico assolutamente vivo che puoi toccare con mano banalmente girando tra i suoi vicoli così ricci di storia e verità. Credo che ci sia un humus nelle arti che produce incessantemente e che si preoccupa sempre di raccontare il vero mantenendo fortemente questa connessione con il territorio che diventa un segno distintivo. Esistono tantissime realtà campane interessanti che operano e producono creazioni presenti in numerosi festival a carattere nazionale e internazionale ed è per questo che ho sempre un immenso piacere e mi preoccupo di poter performare con il mio collettivo proprio a Napoli almeno una volta l’anno!
Ad esempio il prossimo 22 novembre saremo al teatro Bellini di Napoli con BODY THINGS

Il tuo Lockdown è stato di riflessione o di costruzione? Raccontaci
Inizialmente ho vissuto il lockdown come una grande possibilità di resettare la mia vita da ritmi frenetici e incalzanti e ho giovato molto dallo scendere da questa giostra in corsa e riposare dedicandomi finalmente del tempo per NON FARE e per prendermi cura dei miei affetti e a tutto ciò che tralascio per via del lavoro. Successivamente con il dilungarsi di questa parentesi devo ammettere che ho inconsapevolmente attuato un processo di riflessione e di individuazione delle priorità su cui desidero concentrare le mie energie e pianificando nel futuro delle tappe che ho voglia di sviluppare e concretizzare.

Cosa ci dobbiamo aspettare da Macia Del Prete?
Questa è davvero una bella domanda! Onestamente l’unica risposta possibile da dare per me è che io dalla vita non ho aspettative, credo nel duro lavoro e nel conseguimento degli obiettivi personali in relazione ad esso. La vera certezza che ho è che cercherò sempre di essere fedele alla mia etica professionale puntando all’onesta e al mantenimento di una libertà di espressione per me imprescindibile da ogni tipo di dinamica commerciale. La vita per me è un viaggio sorprendente e ignoto e voglio sempre provare a subirne lo stupore, quindi no niente aspettative !!!
Massimo Zannola