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Garrison Rochelle ed Elena D’Amario

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08/04/2016
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Personaggi
Eccoci qua negli studi di Amici per conoscere non due personaggi ma due belle persone: Garrison Rochelle ed Elena D’Amico.
Ma cosa avranno mai in comune?: americano l’uno, italianissima l’altra. 60 anni e una carriera ricca e appagante per Garrison. 25 anni e una carriera che seppur agli inizi si preannuncia altrettanto ricca e piena di successi per Elena. Lui ha trovato l’America in Italia. Lei ha lasciato l’Italia per trovare l’America. Vite e percorsi diversi ma accomunati da un amore smisurato per la danza. Due grandi cuori uniti da un sentimento di reale amicizia e stima profonda.


Garrison Rochelle

Sei nato e cresciuto in Texas in un contesto nel quale la danza non esisteva. Come sei arrivato a conoscerla e a capire che era questa la tua strada?
Avevo 14 anni e una mia amica ballerina doveva partecipare al ballo delle debuttanti; io dovevo fare con lei un valzer ma non ero capace. Perciò mi ha portato in una scuola di danza (io neanche  sapevo che esistero) e appena sono entrato è stata una folgorazione! L’odore, le ballerine, i tutu, la musica…sono rimasto affascinato. 
L’insegnante mi ha guardato e mi ha detto “posso vedere le tue gambe?” Ha visto il mio en dehor, i piedi, ovviamente grezzi e ha sgranato gli occhi. 
È iniziata così. Sono andato a scuola di danza in segreto per un anno intero.
Nessuno lo sospettava e alla fine mi sono reso conto non solo che mi piaceva ma che non potevo farne a meno. E’ stata una fortuna perché da giovane la mia curiosità mi ha portato a fare cose sbagliate e probabilmente avrei finito per imboccare una strada sbagliatissima. La danza mi ha salvato la vita. Quando ho finito le superiori sono andato all’università a fare Economia e Commercio (mi ci vedi?) completamente spesato da mio padre ragioniere che non vedeva l’ora che io seguissi le sue orme. Ho fatto un anno di università durante il quale ho sostenuto un’audizione per la Southern Methodist University una università privata costosissima e ho vinto una borsa di studio per la danza. 
Quando ho detto a mio padre che avevo vinto una borsa di studio per quella fantastica università era al settimo cielo per la felicità…lo è stato molto meno quando gli ho detto che mi sarei laureato in danza!! 
Mi ha risposto che se volevo continuare lo avrei fatto da solo. Così a 19 anni ho preso la mia macchina, i miei vestiti e sono partito per Dallas.

La tua famiglia non ti ha appoggiato minimamente in questa scelta?
Mia madre si. Non economicamente ma moralmente. Ed era orgogliosissima di me. Quando parlava dei suoi 4 figli tirava fuori una foto dove eravamo tutti insieme e poi subito la mia da solo. Sono sempre stato il suo preferito sopprattutto dopo che ho iniziato a ballare. Ho il sospetto che anche a lei sarebbe piaciuto ma provenendo da una buona famiglia non glielo avevano permesso. Una donna di buona famiglia non fa la ballerina!. 

Poi ad un certo punto hai lasciato l’America per approdare in Italia…
Nel 1983 stavo facendo Dancin’ di Bob Fosse al Teatro Sistina e mi sono venuti a vedere Franco Miseria e Heater Parisi ma non sapevo chi fossero. Mi hanno chiesto di fare Fantastico 4 ma non ero molto interessato perché completamente preso dalla mia carriera a Broadway. Sono venuti anche a Parigi per convincermi e alla fine ho accettato a patto che prendessero anche il mio amico Brian Bullard che lavorava con me nello stesso musical perché non volevo stare da solo. 
Uno dei motivi che poi ci ha spinti a rimanere è stato l’AIDS. Negli anni ’80 sono morti tantissimi amici e colleghi giovanissimi, molti di grande talento e con delle carriere brillanti davanti. 
Erano anni di sesso libero e senza tante precauzioni e ogni settimana moriva qualcuno e mi domandavo: perché io sono ancora qui, sano e forte? Sicuramente c’era un motivo e volevo dare un senso alla mia vita proprio per rispetto a coloro che non c’erano più. 
Ancora oggi a distanza di anni ringrazio Dio per ogni giorno in più che mi concede. 
A 60 anni ancora sgambetto, lavoro con i giovani, con la musica ma se finisse domani sarei comunque contento. Non avrei rimpianti. Mi piace lavorare con questi ragazzi senza invidie e gelosie.

Eppure in televisione invidie e gelosie ci sono.
Si ma devo dire che caratterialmente la gelosia non mi appartiene. Anche quando per esempio è arrivato Giuliano Peparini in trasmissione che in qualche modo ha preso il mio posto di Direttore Artistico non ero assolutamente geloso anzi lo stimo e trovo che sia geniale e abbia talento. In caso contrario non sarei stato geloso ma incazzato!!!! Inserirlo in trasmissione è stata una scelta azzeccata anche perché Giuliano ha sconvolto la trasmissione portandole tra un pubblico nuovo.

Amici è stato anche il luogo che ha sugellato la tua amicizia con Elena d’Amario che avevi incontrato a “Il ballo delle debuttanti”. Parlami di Elena. Cosa ti piace di lei?
La sua sensibilità. La sua tenacia e il suo talento straordinario. Ballerini come lei non ne ho mai visti. Quando la vedo ballare rimango a bocca aperta. Riesce a dare un senso a ogni passo a volte andando oltre il lavoro del coreografo stesso. Per me è la più brava uscita da Amici. Molti ragazzi escono da qui convinti di essere arrivati. Lei no. Quando è andata a New York da Parson ha comunque continuato a studiare di tutto. L’ho vista fare un pezzo di hip hop che mi ha lasciato a bocca aperta. E’ pazzesca. E poi è bella!
Spesso la vedo leggere testi importanti. Io alla sua età forse leggevo 1 libro all’anno. Ora ne leggo 4 al mese perché mi sento di dover recuperare quello che non ho fatto in passato. A 25 anni volevo solo ballare e posso dire che facevo parte di quella categoria di ballerini ignoranti che non riusciva a sostenere una conversazione che non fosse di danza.
Molti ballerini sono così. Vivono il momento e non si preoccupano per il futuro. Non sto dicendo che occorra avere una cultura sconfinata ma almeno conoscere la propria materia. Questa estate ho chiesto a dei ballerini se conoscevano Chorus Line e non sapevano di cosa stessi parlando; stessa cosa Foot Loose…neanche uno… Un bravo ballerino è meno bravo se è ignorante. Bisogna essere interessati alla cultura della danza. 
Spesso non sanno neanche il nome dei passi. Ma in questo caso è anche colpa degli insegnanti che non li formano come individui.
Elena è il mio futuro nella danza. Ha tutte le doti, come artista e come persona, per arrivare alla mia età con alle spalle una carriera straordinaria, perché lei è una persona straordinaria.
Ne sono convinto e se così non dovesse essere ci rimarrò malissimo.
Tra l’altro abbiamo un’altra cosa in comune. All’inizio della mia carriera pur essendo e sentendomi un ballerino ho trovato dei coreografi che mi spingevano a creare anche se non credevo di esserne capace. Ho poi scoperto di avere le stesse soddisfazioni di quando ballavo. Per Elena è lo stesso. David Parsons le chiede spesso di creare e anche qui ad Amici spesso la spingo a coreografare e la cosa che posso dire è wow!!  Scommetto che diventerà una grande coreografa perché ha la testa per farlo.
Tanti grandi ballerini non sono in grado di insegnare o di fare coreografia. Elena invece è pazzesca. Deve acquistare maggiore fiducia in se stessa ma le sarà facile perché è una vera leader. Tutti la guardano e molti la invidiano. Io ho 60 anni e ho fatto tutto quello che volevo e potevo fare. Questo è il suo momento. Ha 25 anni e ha già fatto tante cose belle e importanti. Valeva la pena fare per 15 anni amici per conoscere lei. Non posso dire che rivedo me in lei (forse un po’) anche se entrambi abbiamo delle caratteristiche molto simili per quanto riguarda il carisma e la capacità di leadership. 
Ma lei è più brava di me…e io non sono male! 

Ci sono altri ragazzi di Amici che ti sono rimasti nel cuore?
Molti come amici, un po’ meno per il talento. Nessuno come lei. 

Quindi cosa serve per diventare dei veri danzatori? 
Non basta essere bravi. E non è solo questione di fortuna ma di come gestiamo quella fortuna. A quasi tutti capita un’occasione nella vita ma occorre saperla riconoscere. Io ho sempre avuto questa capacità: riconoscere un’occasione e coglierla al volo.

Il ballerino è quello che sta in teatro o in televisione?
Sono 32 anni che faccio TV ma vi ho sempre lavorato come se fossi in un teatro. Certo in teatro “senti” il pubblico, è come un’onda che arriva dal mare. In televisione questo non c’è ma ho sempre cercato anche in piccoli stacchetti di dare alla danza televisiva un dignità teatrale.

Con quale artista vorresti o avresti voluto lavorare?
Mi piacevano Twyla Tharp che è stata la coreografa di Barysnikov, ed Eliot Feld. Mi piace il Netherlands. Ma onestamente ho fatto tutto quello che volevo e nella mia carriera sono andato oltre ogni mia aspettativa. Sono appagato così.

Dopo 40 anni di carriera a chi senti di dover dire grazie?
Negli ultimi 18 anni a Maria de Filippi. Se ho un rapporto con il pubblico è merito di Maria mi ha dato una vetrina per mostrarmi come persona, come sono nel bene e nel male. E con lei c’è un rapporto di amicizia bellissimo anche se a volte si arrabbia da morire! La cosa strana è che la prima volta che ci siamo conosciuti lei è arrivata in sala prove, mi ha praticamente fatto uno scanner dalla testa ai piedi ma dopo 10 minuti avevamo già stabilito il rapporto che abbiamo oggi. 
Prima di lei ho fatto tutto da solo. 
E’ vero che la mia famiglia mi sosteneva ma se parlavo di danza con loro dopo 5 minuti mi ignoravano. Venivano da un altro mondo e il mio era lontano anni luce. 

Dopo una vita e una carriera così appaganti hai ancora un sogno nel cassetto?
Si. Ritrovare la mia famiglia. Per lungo tempo sono stato presissimo dalla carriera. I primi 5 anni non ho neanche telefonato a casa. 
Ho una mamma di 87 anni che per fortuna è una ragazzina, sta benissimo, è indipendente e pesante quanto deve essere una mamma, ho i miei fratelli e due fantastici nipoti. Sento il bisogno di stare con loro e di ritrovare una mia vita in America. 
Il mio sogno è avere 2 vite, una li e una qui in Italia un Paese che ormai non potrei più lasciare. E questa estate andrò a Tampa in Florida dove la mia famiglia si è trasferita dal Texas e inizierò a realizzare il mio sogno comprando una casa. 

Sembri molto determinato quando vuoi qualcosa.
Lo sono. Quando facevo classico lavoravo all’Hartford Ballet. Stavamo facendo Romeo e Giulietta e io ero Mercuzio in un cast e nell’altro avevo un ruolo minore ma ero uno dei sei che dopo la morte di Giulietta doveva sollevarla e portarla fuori. Una sera mentre avrei dovuto essere sul palco a portare il feretro di Giulietta ero al 5° piano con le cuffie e ascoltavo a tutto volume Michael Jackson! Avevo perso l’entrata! 
Il Direttore mi ha quasi ucciso. Mi sono scusato con tutto il cast e poi il giorno dopo mi sono licenziato spiegando che quello non era più il posto per me; la mia testa era da un’altra parte. Volevo andare a Broadway. 
Il Direttore mi disse che non potevo e che tanto non mi avrebbero mai scritturato. Raggiungemmo un accordo: avrei continuato con loro fino alla fine della stagione ma avrei avuto la libertà di partecipare alle audizioni a New York che era a solo un paio di ore di treno. Risultato: in 2 mesi sono stato preso in 4 musical.
È così. Quando ho un obiettivo faccio di tutto per raggiungerlo.


Elena D'Amario

Tu e Garrison da quanto vi conoscete?
Quasi 7 anni. Sin dal mio primo provino televisivo. Avevo 17 anni e mi accompagnava mia madre per il programma Ballo delle Debuttanti che lui presentava insieme a Rita dalla Chiesa. Vinsi il programma e ricordo che la sera della finale mi disse “Ho una scuola per te”. Si riferiva ad Amici dove già insegnava. 
Sono tornata al liceo classico per la maturità e quella stessa estate feci i provini per Amici 
 
Come è iniziata la tua avventura in America?
Partecipai ad Amici perché avevo sentito che per il primo anno avrebbero dato anche ai ballerini dei contratti all’estero. Alla fine del programma David Parson mi offrì una borsa di studio di 2 mesi nella sua compagnia e poi la borsa di studio si è trasformata in un palcoscenico di 6 anni.
Essendo un’apprendista i primi giorni mi hanno praticamente relegata in un angolo dello studio. Mi hanno detto “devi imparare le parti di lei, lei, lei e lei”. Basta. 
Ma era un sogno essere li, in quella sala gigantesca, con le vetrate enormi che davano su Manhattan. Neanche nei film avevo visto qualcosa di così spettacolare! Dopo 5 giorni David entrò in studio e mi disse “domani vai in scena”. Mi è preso un colpo ma non potevo neanche farmi capire con il mio inglese basic da liceo classico. Comunicavo solo con dei gran sorrisi!
Così il giorno dopo ci fu il mio primo spettacolo a Bryant Park a Times Square un fantastico palco all’aperto. Li mi ha chiesto se volevo rimanere in pianta stabile. Ovviamente ho detto subito di si, ma è stato lui stesso a suggerirmi di pensarci, prendermi del tempo e parlane con la famiglia. In effetti a casa non hanno fatto salti di gioia. Soprattutto mia madre era preoccupatissima e spaventata per la distanza. Ho deciso di rimanere; dopo 2 anni sono diventata prima ballerina e poi sono iniziati i tour mondiali. L’ultimo tour in Italia di 7 settimane per me è stato particolarmente importante perché ho avuto moto di ballare cougt l’assolo maschile che David aveva creato per lui stesso e che solo 2 donne (me compresa) hanno interpretato.
E’ stato un onore farlo e soprattutto poterlo fare qui in Italia per la mia famiglia e i miei amici.
 
Solo fortuna o c’è di più?
Prima di arrivare li mi sentivo solo fortunata. Non avevo bisogno di nient’altro. Una volta arrivata ho capito che New York City è una giungla, una lotta alla sopravvivenza e non per la competizione che c’è ma è una competizione sana. La difficoltà maggiore è stata proprio la vita quotidiana. Vivere in un paese che non è il tuo e del quale conosci a stento la lingua. Trovare una casa per esempio. Il primo anno ho fatto otto traslochi da sola di cui 5 nella neve. E’ un po’ tutto una missione. Se non sei un Upper East Sider con i soldi New York non è semplice. Cosa ti fa resistere? Lo scambio, l’arte il fatto che sei appagato professionalmente. Arrivi la sera stremato ma vai a dormire felice. C’è questa pienezza, soddisfazione artistica e professionale e lo scambio nella comunità artistica che non è solo danza ma musica, arti visive. Tutto live e tutto ovunque. Un altro mondo.
 
Guardando indietro cosa pensi sarebbe accaduto se fossi rimasta in Italia?
Non lo so. Sicuramente artisticamente non sarei cresciuta così tanto. Non avrei neanche potuto immaginare di fare le cose che invece sto facendo e sarebbe stato un peccato, così come è un peccato che in Italia ci siano grandi talenti privi di sbocchi professionali. Qui le opportunità non ci sono. 
In America non ho mai visto un posto vuoto in platea e non sto parlando di New York ma di teatri in Oklahoma, Alabama, Missouri dove la mattina ti guardi intorno e dici “ma chi viene a teatro??” E poi la sera è sold out! 
C’è fame di arte in America e i ricchi investono sull’arte e sui teatri. Qui purtroppo non è così. 
In televisione è lo stesso. Amici è l’unica trasmissione che ti da l’opportunità non di ballare ma di danzare. L’unico perché il corpo il corpo di ballo come quello del varietà anni 80 non esiste più.
 
Quanto è stato importante Amici per te?
All’epoca è stato il trampolino di lancio. Mi ha fatta conoscere al pubblico, mi ha dato notorietà. Ha rappresentato il punto di svolta. E lo rappresenta anche ora. Ho incontrato David Parsons qui. Opportunità che è stata data anche ad altri ma che non hanno onorato. E con tanti sacrifici, piano piano i risultati e le soddisfazioni sono arrivate. A Maria devo anche questo. Chiedermi di rientrare al momento giusto. 
Il talento è importante ma il senso del tempo lo è ancora di più. Sapere qual è il momento giusto per fare una cosa. Erano tre anni che volevo tornare a casa anche per stare vicino alla mia famiglia. Tre anni durante i quali ho fatto cougt  e sono uscita sul New York Times. 
E poi è importante cambiare. Per esempio adesso non vedo l’ora di tornare in compagnia, non vedo l’ora che inizi il serale perché lavorare con nuovi coreografi è sempre stimolante.
 
Cosa serve per emergere in questo mondo?
Per vivere di danza oltre a quello che ho già detto serve una predisposizione verso gli altri grandissima, una generosità immensa, cosa che purtroppo è rara. Devi essere pronta a darti totalmente al coreografo. Alcuni danzatori sono un po’ restii a condividere le loro idee. Con David quando crea do tutto me stessa, anche le mie idee. Magari vengono da me 18 otto ma la coreografia è sua perché è lui che aggiunge quel particolare che rende il tutto geniale. 
Serve poi un grande senso del lavoro e del sacrificio. E poi l’umiltà, mantenendo comunque la propria personalità. I coreografi hanno un grande ego e siamo proprio noi ad alimentarlo. Dobbiamo essere pronti ad amare questo aspetto ma mantenendo sempre la nostra dignità senza raggiungere il conflitto. Perché dobbiamo prenderci cura di noi stessi.
 
I ballerini spesso vivono il momento ma hanno scarsa visione del futuro. Tu stai pensando a cosa farai dopo?
Non ci penso attivamente ma sento che il percorso che sto facendo sta anche preparando il mio futuro. David in questi anni mi sta forgiando all’insegnamento e io amo profondamente insegnare, creare e coreografare. E credo che per chi vuole rimanere in questo ambito sia una transizione naturale.
Non è detto però che un bravo ballerino sia un bravo insegnante
Assolutamente. Ma secondo me dipende sempre dalla generosità. Tanti ballerini ed ex ballerini insegnano ma con un attegiamento un po’ distaccato quasi di superiorità. Lo trovo sbagliato. La modalità di insegnamento cambia con l’età. Per quanto mi riguarda quando mi capita di insegnare ora che sono giovane è proprio un ballare insieme. Il mio obiettivo, e spero veramente di raggiungerlo, è quello di arrivare a insegnare ma non come ripiego. Senza risentimento, senza frustrazione ma solo con l’obiettivo, la gioia e il piacere di dare. Ma per dare devi aver ottenuto prima…
 
Quali progetti lavorativi hai per il futuro?
Per adesso sono presa da questa nuova avventura di Amici, fra un po’ inizierà anche il serale.
Poi tornerò a New York a lavorare in compagnia. Tra l’altro è in programma un nuovo tour italiano di 9 settimane e mezzo che voglio assolutamente fare. 
C’è poi l’Alvin Ailey Dance Theatre con il quale abbiamo un progetto in cantiere.
 
Teatro o televisione?
Teatro! Questo lo dico d’istinto. Un danzatore può vivere di danza solo in teatro. La televisione la sto facendo, è un posto magico, bellissimo, mi piace, mi diverte, mi fa guadagnare ma il teatro mi fa andare a dormire felice, soddisfatta…distrutta, rotta ma appagata. La danza va vista live. Io sono arrivata al teatro ma partendo dalla televisione ed è stata una scuola formidabile. Qui si imparano le coreografie in 3 secondi e quando sono arrivata in America questa è stata la mia marcia in più. David mi diceva “God you are so fast!”. Anche in una audizione è importante imparare e memorizzare tutto velocemente. Questo la televisione te lo insegna.
 
Hai un sogno nel cassetto?
Riguarda la sfera personale. Spero di trovare l’amore, creare una bella famiglia e riuscire a conciliare vita familiare e lavoro.
 
E per finire chi è per te Garrison Rochelle?
Garrison per me è Peter Pan con la differenza che Peter Pan vola. Garrison vola e danza.
Garrison per me è l’esperienza di chi fa questo lavoro da una vita ma deve cominciare domani.
Garrison per me è un professionista unico e non perde mai la gioia, la leggerezza e la purezza di essere danza perché la danza si è e non si fa.
Garrison per me è l’antitesi della mia vita. Lui ha trovato l’America in Italia; io ho dovuto lasciare dolorosamente l’Italia per trovare l’America.
Garrison per me è il sacrificio che parte dalla perdita. La perdita della sicurezza, del denaro e della comodità.
Garrison per me è l’umiltà di chi ringraziava da ragazzo per un pasto caldo che gli desse energia e non l’ha mai rinfacciato a nessuno, anche ora che potrebbe. Mai far pesare all’allievo la vita difficile che il Maestro ha avuto!
Garrison per me è quello che mi dice di mettere lo scotch alle finestre quando passa l’uragano (Durante l’uragano Sandy Garrison mi chiamò dopo tre mesi che non lo sentivo per dirmi “Sweety metti un po’ di scotch alle finestre!!”)
Garrison per me è una stella polare che fa un arabesque nel momento in cui mi sento più sola.
Garrison per me c’è sempre e c’è sempre stato. Perché se c’è una cosa che la danza ci insegna è il senso di ensemble. Io con lui mi sento una squadra. E’ la certezza di una presa dalla quale non voglio staccarmi.
Garrison per me è un bambino innamorato e coraggioso. Ama l’arte e non si vergogna della sua sensibilità. MAI. Si commuove, piange, si arrabbia ed è un performer che non finisce mai.
Garrison per me è un salto magico. Parte dal palco e finisce nei sogni.
Luana Luciani